Materiali e contributi

9 febbraio 2018
Le limitazioni quantitative ai subappalti al vaglio della Corte di Giustizia dell’Unione europea

Pubblichiamo un articolo dell’Avvocato Riccardo Marletta dal titolo “Le limitazioni quantitative ai subappalti al vaglio della Corte di Giustizia dell’Unione europea” di commento alla recente ordinanza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione I, 19 gennaio 2018 n. 148, pubblicato altresì sul sito italiappalti.it.

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1. Va rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la decisione sulla seguente pregiudiziale: “Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.

2. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi può essere giustificata solo qualora persegua un obiettivo legittimo di interesse pubblico e purché rispetti il principio di proporzionalità [1].

3. Alla luce di tali principi risulta dubbio che il limite quantitativo di cui all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, che fissa al 30 per cento dell’importo complessivo del contratto la quota massima di subappalto, possa ritenersi giustificato, tenuto conto dell’evoluzione che ha interessato la disciplina del subappalto, a livello sia eurounitario sia nazionale.

4. Al riguardo occorre infatti evidenziare che l’art. 71 della direttiva 2014/24 e l’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016 prevedono una serie di obblighi informativi e di adempimenti procedurali, per effetto dei quali l’impresa subappaltatrice può oggi ritenersi assoggettata a controlli analoghi a quelli previsti nei confronti dell’impresa aggiudicataria; in particolare la stazione appaltante è posta in condizione di conoscere in anticipo le parti dell’appalto che si intende subappaltare a terzi e l’identità dei subappaltatori proposti, nonché di verificare, in capo al subappaltatore, il possesso della qualificazione, l’assenza di motivi di esclusione, la posizione di regolarità contributiva ed il rispetto degli obblighi di sicurezza.

[1] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 5 aprile 2017, Causa C-298/15; 23 dicembre 2009, Causa C-376/08; 27 ottobre 2005, Causa C-234/03.

Guida alla lettura
Con l’ordinanza in commento il TAR Lombardia ha sollevato davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa alla conformità ai principi eurounitari di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi della previsione di cui all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, che individua nella quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto la percentuale massima del subappalto.
Nell’ordinanza il TAR Lombardia, dopo aver ricostruito il contenuto delle disposizioni nazionali italiane in materia di subappalto, ha richiamato le valutazioni espresse in argomento dal Consiglio di Stato nei pareri resi sugli schemi di decreto legislativo concernenti il nuovo “Codice dei contratti” ed il successivo “Correttivo”.
In tali pareri il Consiglio di Stato ha rilevato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui il diritto europeo non consente agli Stati membri di porre limiti quantitativi si è formata in relazione alla previgente direttiva 2004/18.
Viceversa, secondo il Consiglio di Stato, le direttive del 2014, pur non contemplando espressamente limiti quantitativi al subappalto, consentirebbero comunque agli Stati membri di introdurre limiti di maggior rigore rispetto alle direttive europee per ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato del lavoro. In tale prospettiva l’introduzione di limiti quantitativi alla possibilità di affidamento in subappalto non si tradurrebbe in una ingiustificata operazione di “gold plating”, ossia di “quella tecnica che va al di là di quanto richiesto dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità”.
Dopo aver dato atto di queste valutazioni, il TAR Lombardia ha tuttavia posto in luce alcuni aspetti che hanno infine indotto il TAR stesso a sollevare davanti alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale volta a verificare la compatibilità tra la normativa italiana sul subappalto ed i principi eurounitari.
Ciò sul presupposto che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi può essere giustificata solo qualora persegua un obiettivo legittimo di interesse pubblico e purché rispetti il principio di proporzionalità.
In particolare il TAR Lombardia ha rilevato che la misura drastica della limitazione quantitativa del subappalto al 30% dell’importo complessivo del contratto non sembra rappresentare lo strumento più efficace ed utile al soddisfacimento dell’obiettivo di assicurare l’integrità del mercato dei contratti pubblici; secondo i Giudici milanesi tale obiettivo, infatti, pare potersi ritenere già adeguatamente soddisfatto per mezzo delle nuove previsioni che consentono di effettuare verifiche e controlli più pregnanti rispetto al passato, finalizzate a garantire che il subappalto venga affidato, in condizioni di trasparenza, ad operatori capaci e immuni da controindicazioni. In particolare il riferimento è alle disposizioni nazionali che prevedono una serie di attività interdittive affidate ai Prefetti, espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel Paese.

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