Materiali e contributi

7 febbraio 2022
Il Consiglio di Stato ridisegna la competenza della Commissione per il Paesaggio di Milano

Con la recente sentenza n. 624 del 28 gennaio 2022, il Consiglio di Stato ha contribuito a fare chiarezza in merito all’individuazione di una più corretta definizione di “paesaggio” applicabile al piano giuridico.

Chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di una pronuncia del TAR Lombardia, che aveva riconosciuto la validità del rigetto di un’istanza di permesso di costruire volta al recupero per fini abitativi di una porzione di sottotetto di uno stabile sito nel Comune di Milano – rigetto fondato esclusivamente sui pareri negativi resi dalla Commissione paesaggio -, il giudice di secondo grado ha accolto l’appello ritenendo non condivisibile l’interpretazione fornita dal primo giudice, il quale avrebbe fondato la propria decisione su una concezione ampia di paesaggio, ritenuta in linea con la Convenzione europea del paesaggio del 2000, che giungerebbe ad inglobare anche la nozione di “ambiente”.

Il Consiglio di Stato, sebbene riconosca che la detta Convenzione abbia introdotto un concetto di paesaggio non più riconducibile al solo ambiente naturale statico, bensì concepibile quale frutto della correlazione tra uomo e ambiente, ritiene tuttavia che tale arricchimento contenutistico non possa intaccare il nucleo essenziale di carattere estetico del paesaggio, al quale è attribuibile una connotazione senz’altro soggettiva connessa alla sua fruibilità, ed al suo godimento, da parte della popolazione intesa nella sua generalità.

Così che deve, necessariamente, rimanere ben netta la distinzione tra paesaggio ed ambiente, implicando il primo la percezione della collettività da un punto di vista soggettivo ed il secondo l’apprezzamento degli aspetti fisico-chimici da un punto di vista prettamente oggettivo.

Sulla scorta di tali precisazioni, il Giudice d’Appello è, pertanto, giunto a ritenere che l’Amministrazione (al pari del giudice di primo grado) avesse operato un errato bilanciamento tra interessi pubblici ed interessi privati.

Infatti, nel caso di specie, trattandosi di intervento edilizio riguardante le sole falde rivolte verso la corte interna di un immobile non gravato da alcun vincolo, il Comune avrebbe dovuto necessariamente privilegiare la libera esplicazione del diritto di proprietà, di cui è espressione lo jus aedificandi, rispetto al (preteso) interesse pubblico alla salvaguardia di un valore paesaggistico connesso ad un bene non fruibile e non percepibile dalla collettività indistinta dei cittadini bensì unicamente da chi abbia un titolo particolare all’ingresso nel cortile.

Cliccare ove sottolineato per prendere visione della sentenza del Consiglio di Stato n. 624 del 28 gennaio 2022.

Lo Studio resta a disposizione per quanto possa occorrere.

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